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Recensione a Il Gladiatore II
Calano il buio e il silenzio in sala e lo spettatore, all’improvviso, si ritrova nell’antica Roma, sedici anni dopo la morte di Marco Aurelio, l’imperatore filosofo. Protagonista del film è Lucius, abitante della Numidia, che insieme ai suoi compagni viene fatto prigioniero da Roma e costretto a diventare un gladiatore.
Si alza così il sipario su Il Gladiatore II, film realizzato nel 2024 da Scott Ridley, regista britannico celebre anche per Alien, Blade Runner e Il Gladiatore, quest’ultimo, realizzato nel 2000 e le cui vicende narrano di Massimo Decimo Meridio, un generale romano che viene tradito dalla sua città e reso schiavo, è ancora molto amato dalla critica e considerato tra le pellicole più importanti degli ultimi decenni, tanto da aver fatto sì che venisse realizzato un sequel, però, tra i meno attesi dal pubblico cinefilo. Sul Il Gladiatore II risultano esserci, infatti, parecchie critiche contrastanti tra loro: dall’essere un’opera poco piacevole da guardare e “inutile” da realizzare al fatto che il primo film sarebbe bastato, senza dover per forza creare una parte seconda. Ma c’è chi, invece, lo ha apprezzato (come la sottoscritta, nonostante io non sia una fanatica di pellicole storiche) e l’ha anche trovato interessante, grazie a un montaggio frenetico che incuriosisce lo spettatore, incollandolo allo schermo.
La scenografia de Il Gladiatore II è realizzata, per la maggior parte, in digitale e risulta essere dettagliata e piena di particolari, come nella sequenza del giardino di Lucilla, luogo pieno di fiori, statue e farfalle che creano un’atmosfera quasi eterea, enfatizzata anche grazie a un particolare utilizzo delle luci. Molto apprezzati anche i costumi, dalle tuniche dei nobili usate nei momenti di festa alle armature dei soldati romani e dei gladiatori, e, tra queste ultime, in particolare, quella di Massimo Decimo, resa famosa dal primo lungometraggio. E poi i gioielli, anelli colorati e bracciali in oro ricoperti di pietre preziose, degli imperatori Geta e Caracalla. Di questi ultimi, ho poi molto gradito anche l’analisi psicologica presente nella pellicola, soprattutto sulla mente di Caracalla che impazzisce in un crescendo continuo che lo porterà a una vera e propria “fame” di guerra e sangue, tanto che, in alcune sequenze, lo si vede, insieme al fratello, molto divertito alla vista di cittadini e prigionieri che stanno per morire.
La recitazione è molto realistica, Paul Mescal, l’attore che interpreta Lucius, riesce a dare grande autenticità alle emozioni provate dal personaggio. La sua rabbia e il suo disprezzo verso Roma rendono la trama più intrigante e le forniscono ancora più consistenza scenica, tanto che, a un certo punto, lo stesso Lucius pronuncia l’emblematica frase: “Preferirei affrontare il tuo gladio che accettare la pietà romana”.
Eleni Calotychos
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