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Pagani contemporanei
“Le mode si ripetono” è un detto che tutti abbiamo sentito, solitamente parlando di vestiti, ma il concetto si può applicare anche alle religioni, che, tra le più popolari, al momento sono tutte monoteiste. E se vi dicessimo che esiste ancora gente pagana? Sì, proprio così, pagana, o politeista, se preferite. Negli ultimi anni, infatti, grazie alla popolarizzazione dell’esoterismo, molte persone si sono avvicinate ad alcune religioni molto antiche, tra cui spiccano quella nordica, l’egizia e la greco-romana.
Ma, di sicuro vi verrebbe da chiedere, esattamente, come funzionano? Nei casi delle grandi e famose religioni monoteiste di oggi lo sappiamo già: esiste un libro sacro, regole, preghiere e luoghi di culto. Ma, per non fare che un esempio, nel caso dei politeisti ellenici, è un po’ più complicato, infatti non c’è un vero e proprio libro liturgico di riferimento (anche se molti adepti considerano opere omeriche come l’Iliade e l’Odissea dei veri e propri testi sacri, anche se le opinioni, in merito, sono parecchio discordanti), non si hanno (o, almeno, non più) luoghi di culto, quindi si è costretti ad arrangiarsi con dei piccoli altari nelle proprie case. Certo, a questo punto qualcuno potrebbe dire che “Zeus non fa altro che tradire sua moglie Era!” e che “Zeus e Poseidone sono dei molestatori!”, ma su questo urge eliminare la confusione, perché è così solo nei miti. Infatti, fin dai tempi antichi, si è sempre detto (e consigliato) di non prenderli alla lettera, dato che la maggior parte di essi erano e sono storie per impartire insegnamenti, “spiegazioni” di avvenimenti che solo da poco sono comprensibili grazie alla scienza, oppure semplici storie, tipo le fanfiction di Wattpad, per capirci.
E per pregare? Beh, si utilizzano inni o testi (pochini in realtà…) recuperati dagli scavi archeologici, atti divinatori e offerte (e su quest’ultimo argomento si faccia, fin da subito, molta attenzione alla circostanza che non sono previsti sacrifici umani: agli dei, o almeno a quelli moderni, non piacciono per niente gli omicidi). In particolare, gli atti divinatori sono delle azioni che si fanno in onore di una divinità, tipo qualcosa di molto semplice, come studiare in onore di Atena, fare skincare in onore di Afrodite, oppure canticchiare qualcosa in onore di Apollo, mentre per le offerte, di solito, si opta per oggetti come cibo, candele, gemme o disegni: insomma, se ha una densità, un volume e si vede può essere un’offerta. Ma, c’è un ma: infatti, prima di fare offerte bisogna creare un kharis, ovvero un “senso della comunanza”, e per questo ci può volere del tempo.
E veniamo a quello che più potrebbe preoccupare, ovvero la questione dei peccati che possono essere commessi. Dunque, nel moderno politeismo ellenistico, peccare – o, più precisamente, fare un hybris – e offendere gli dei è davvero complicato. Diciamo che per far veramente arrabbiare una divinità ci vuole molto impegno, tipo un caso true crime in cui sei, sì, il protagonista ma non sei la vittima, quindi qualcosa di altamente sconsigliabile, per ovvie ragioni. Morale della favola: da pagani ellenici si vive abbastanza tranquilli, poiché, dopo tutto, per quale motivo una divinità, ovvero un essere al di sopra di tutti noi, si dovrebbe far venire il mal di testa con le dubbie scelte di quell’ammasso di cellule che è la nostra specie? Ed ecco perché commettere un hybris risulta essere alquanto difficoltoso.
Ricapitolando: esistono ancora i pagani, si accontentano delle poche fonti che hanno, prima della preghiera vera e propria necessitano di costruire una relazione di “amicizia” coi propri dei (kharis) e per commettere un peccato (hybris) devono averla fatta proprio grossa, viceversa, alle loro divinità basta un semplice “scusa, non lo faccio più”.
Martina Caldera

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