Il peso del lupo: quando l’amore si fa prigione

Della Prof.ssa Anna Lilia Guida   

Il peso del lupo: quando l’amore si fa prigione

L’uomo nasce buono o cattivo? È forse la domanda più antica della filosofia, ma è anche quella che ci fa più male, che torna a bruciare ogni volta che guardiamo le notizie di cronaca. Rousseau credeva che nascessimo anime candide e che fosse la società con le sue regole ingiuste, le sue disuguaglianze, la folle corsa al successo a corromperci. E poi c’è la visione, cinica e tagliente, di Machiavelli e Hobbes: l’essere umano è egoista per natura, un predone fin dal principio. Homo homini lupus, l’uomo è lupo per l’altro uomo.

Forse la verità non è in nessun “mezzo”, ma nell’ombra che l’uomo, questo costruttore di civiltà, si porta inevitabilmente dentro. Ed è da quell’ombra che nasce la forma di violenza più subdola e straziante: quella contro le donne. Non chiamiamola solo “cronaca nera”. È una vera e propria emorragia nella nostra coscienza collettiva, una cicatrice che dovremmo sentire tutti. Non è un titolo su un giornale, ma il silenzio pesante che inghiotte le case, lo sguardo di chi ha perso ogni scintilla, la paura che le strappa la voce. È la dignità rubata.

Ogni giorno, l’orrore si ripete: donne umiliate, controllate fino all’ossessione, picchiate, annientate. E il carnefice? Spesso è “lui”, quello che giurava amore eterno. Mettiamolo in chiaro: l’amore non è un contratto di proprietà, non lascia lividi (né sul corpo, né, soprattutto, nell’anima), non è una gabbia. L’amore, quello vero, è una cosa semplice: è rispetto radicale, è ascolto senza giudizio, è la libertà di andarsene. Parlare non è solo un esercizio retorico, è l’unica arma per rompere quel maledetto silenzio. Significa dare un nome, finalmente, al dolore muto e restituire pezzo per pezzo la dignità strappata. Dobbiamo insegnarlo, ovunque: in famiglia, a scuola, nelle piazze. Nessuno ha il diritto di credersi padrone dell’altro. La vera forza non è dominare, ma rispettare i confini.

Il 25 novembre è una data importante, un megafono. Ma la lotta non è un evento annuale. È un lavoro quotidiano: educare, osservare, agire, sempre. Impariamo a vedere i segnali in anticipo, ad allungare la mano prima che sia troppo tardi, a denunciare. Non lasciamo che nessuna donna che trova il coraggio di dire “basta” si senta un’eroina solitaria. È la nostra voce collettiva. Finché una sola donna dovrà guardarsi le spalle o avrà paura di tornare a casa, nessuno di noi – dico nessuno – potrà dirsi davvero libero. È una promessa che dobbiamo farci.

Prof.ssa Anna Lilia Guida   

 

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