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Flow, tutti diversi ma tutti uguali
È una serata estiva, il tempo è perfetto e noi, finalmente, siamo andati al cinema a vedere Flow – Un mondo da salvare, film diretto da Gints Zilbalodis, giovane regista lettone di trentuno anni. Le aspettative erano alte, i social ne parlavano come uno dei migliori film d’animazione della stagione e gli Oscar vinti ci avevano convinti che avrebbe potuto sorprenderci. Ci sediamo, le luci e, insieme a loro, anche le voci del pubblico si spengono e noi puntiamo gli occhi dritti sul grande schermo, con i popcorn in una mano e una Coca-Cola nell’altra.
Inizia la magia. Flow narra di un gatto, l’essere più tenero del mondo, dagli occhi grandi arancioni e col pelo nero, che si risveglia dopo un’apocalisse: gli uomini sono spariti, il mondo è in rovina e invaso dall’acqua e gli unici esseri viventi rimasti ad abitarlo sono gli animali. Il micino, solo e spaventato, scappa dalla sua casa, quella dove prima, probabilmente, viveva con il suo padrone e si ritrova in una barca a vela, dalle condizioni poco stabili, insieme ad altri animali completamente differenti da lui, diversità tra di loro che, all’inizio, li farà litigare e renderà la loro convivenza molto difficile. Ma col passare del tempo, però, dopo varie peripezie e ostacoli superati insieme, riescono ad apprezzarsi l’uno con l’altro, fino a diventare amici, proteggendosi a vicenda e, nonostante tutto, si vorranno bene come se fossero della stessa specie, della stessa famiglia.
Flow non tratta solo di una catastrofe climatica, una crisi che forse un giorno, chissà tra quando, ci ritroveremo anche noi genere umano a dover affrontare. Questa pellicola parla anche di famiglia, di amicizie e di accogliere tutti nonostante le diversità, esattamente come fanno i protagonisti quando si ritrovano insieme, simili e non, formando un gruppo di animali sempre più unito e, quindi, trovando la loro vera e nuova casa solo stando insieme. E tutto questo per mostrare a noi spettatori che non dovremmo fare distinzioni tra le persone, tra le culture e le religioni, perché nonostante le nostre differenze, tutti noi abbiamo qualcosa da raccontare, un nostro passato e una nostra storia. E nella vicenda narrata in Flow è evidente anche un’altra particolarità, ovvero che a volte può capitare di non essere in sintonia con quella che consideriamo la nostra famiglia, perché anche se si è cresciuti insieme, ciò non significa che ci dobbiamo necessariamente sentire sempre a casa: il nostro “posto” può essere ovunque, dove vogliamo e con chi vogliamo, senza doverci sentire in difetto o giudicati. Inoltre, non ci inganni il fatto che Flow sia un film d’animazione, perché non è un film per bambini, anzi non è un film per tutti, poiché bisogna guardarlo con occhi diversi, con il cuore aperto e cercare di assorbire tutto ciò che la storia ci può trasmettere. Infatti, salta subito agli occhi la metafora: il piccolo micio nero non è solo un gatto nero e gli animali, seppur con i loro versi e con le loro caratteristiche, non sono solo animali.
In Flow i dialoghi non esistono, comodamente seduti, intorno a noi abbiamo sentito solo il rumore dell’acqua e della vela che si muove a causa della tempesta. La natura ci ha immersi, lasciandoci alla fine della proiezione completamente senza fiato. Guardando i titoli di coda a bocca aperta, con le lacrime agli occhi, la prima cosa che abbiamo fatto, come sempre, è stato aggiungerlo alla nostra lista su Letterbox con l’indicazione che “Se potessimo dare più di cinque stelle, lo faremmo”.
Eleni Calotychos

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